mercoledì 5 agosto 2015

Scommetti sulla tua vita

La vita ci mette sempre di fronte a delle scelte, la maggior parte delle quali ci tocca farle in un momento in cui è difficilissimo. Prendiamo ad esempio la scelta che ci tocca fare a proposito della scuola, a soli 13 anni ci mettono di fronte a quella che sarà la decisione più importante della nostra vita, una scelta che segnerà il nostro futuro, e su che base ti fanno scegliere? Su attente valutazioni da parte di persone qualificate? Da test attitudinali mirati? Macchè, ci indirizzano in base ad un semplice criterio, che ora a distanza di anni ho capito perfettamente, e si può riassumere come segue:
- Maschio che va male, Professionali
- Maschio che ha la sufficienza, Geometra o Industriali
- Maschio che va bene, Industriali o Scientifico
- Donna che va male, Pedagogico
- Donna che ha la sufficienza, Scientifico
- Donna che va bene, Scientifico o Classico
- Donna che va bene ma con un carattere ribelle, Linguistico
Questi sono esattamente i criteri con cui siamo stati consigliati. Questo è il modo in cui veniamo omologati alla massa. Io penso che il sistema scolastico Italiano, sia un sistema vecchio, retrogrado che andrebbe completamente ristudiato.
A 31 anni suonati mi rendo conto che la mia vita si è incanalata su un binario che non rispetta affatto ciò che io sono, scelte fatte seguendo la massa e non venendo consigliato da nessuno, scelte che rimpiangerò per tutta la vita. Fino a 67 anni (se tutto va bene) rinchiuso in una fabbrica, quando invece la mia aspirazione, me ne rendo conto solo oggi, è di tutt’altra natura. Io adoro il cinema, la musica, la scrittura, tutte cose che trovano la loro morte proprio in ambienti come le fabbriche.
Purtroppo ormai è tardi, ciò che è stato è stato, vorrei solo che le persone si rendessero conto di questo, e che facciano sentire la propria voce affinchè qualcosa cambi. A 13-14 anni siamo ancora bambini, e come non si può dare il diritto di voto ad un bambino, non lo si può neanche mettere di fronte a scelte altrettanto serie sul proprio futuro.
In tutto il mondo c’è un sistema scolastico efficiente e studiato per dare ad ognuno la possibilità di indirizzarsi a favore delle proprie attitudini, ma come sempre la nostra cara Italietta è indietro anni luce…

martedì 21 luglio 2015

Aspettando un aereo

Gli aeroporti. Che incredibile spettacolo sono gli aeroporti! Veri e propri centri di aggregazione multiculturale, passeggiando per i vari terminal, si possono incontrare ogni tipo di etnia, colore e religione, tutti intenti a trascinare le loro trolley. C'è chi va passeggiando rilassatamente tra le vetrine dei negozi, chi va correndo per raggiungere il proprio gate d’imbarco, persone distese in un angolo cercando di riposare durante una lunga attesa tra uno scalo ed un altro, chi se ne sta tranquillamente seduto con in mano lo smartphone, il tablet, o un libro (quest’ultimo ahimè sempre molto più raramente) e poi naturalmente non può mai mancare colui che va in giro con l’indispensabile selfie stick, scattandosi dalle 8000 alle 9000 foto al secondo, in ogni meandro dell’aeroporto. Adoro assistere al continuo viavai di volti, mi piace starmene seduto ad osservare, a cercare di capire cosa passi per la testa ad ognuno di loro, dov’è in quel momento il loro cuore, immagino valigie piene di sogni, speranze, rimpianti, nostalgia. I più piccoli si muovono in preda ad un’eccitazione incontrollata all’idea del viaggio da intraprendere, coppie di innamorati che si tengono la mano progettando la loro vita insieme, famiglie che pregustano la tanto agognata vacanza dopo un anno di lavoro, uomini d’affari nelle loro giacche costose e le loro borse di pelle marrone, anziani un po’ spaesati ed impauriti, tanta gente con cuori tristi ed occhi lucidi per la fine di una pagina della loro vita, amici da dover salutare, amori da lasciarsi alle spalle, situazioni che non torneranno mai.
Senza dubbio è un ambiente molto stressante, le lunghe attese, i ritardi, le coincidenze, i cambi di fuso orario, spesso si è costretti a vagare come zombie in attesa di un volo, ma se ci si siede ad osservare, si riesce ad osservare uno degli spettacoli più belli ed entusiasmanti del mondo, le persone.
Si ride, si scherza, ci si rilassa, si piange, ci si annoia, si legge, si ascolta musica, tutti in paziente attesa che arrivi un aereo a portarci via.

martedì 14 luglio 2015

Dimmi la tua playlist e ti dirò chi sei

Nel nostro presente, dove il social e lo sharing si fanno largo sgomitando nelle nostre vite, sempre meno è la privacy di cui si gode, ma questo non sembra rappresentare un problema, anzi, si nutre un certo desiderio di far sapere agli altri quanto più possibile di noi stessi, di cosa ci piace mangiare, dove ci troviamo in ogni istante, come ci piace fare l’amore, a che ora del giorno espletiamo i nostri bisogni corporei, quanto sono belle le nostre nuove scarpe, che musica stiamo ascoltando e via discorrendo.
Proprio su quest’ultimo punto vorrei soffermarmi, la musica. Partendo dal presupposto che sono estremamente sicuro che come nel caso delle citazioni di Bukowski condivise su FB, (pubblicate da molti che probabilmente non solo non hanno mai letto un suo libro, ma non sanno nemmeno chi sia Bukowski, magari scambiandolo per il titolo di un telefilm) molti pubblicano brani ed artisti che non conoscono affatto, e lo fanno solo perché va di moda, o fa Rocker o magari perché Justin Bieber ha pubblicato lo stesso video. Togliendo questa branca di “condivisori alla moda” vorrei fare una specie di analisi sulle playlist che spesso vengono condivise su Youtube o Spotify. Io credo che dal tipo di musica che qualcuno ascolta, si capisca molto di lui, che tipo di carattere ha, qual’è il suo stato d’animo in un determinato momento, se sta soffrendo o se è felice. La musica si sa, è la nostra più fedele compagna di viaggio, ci tira su di morale nei momenti difficili, ci emoziona, ci eccita, ci rallegra, e tutto ciò senza mai chiedere nulla in cambio, un’ottima amica che non ci tradirà mai. 
Adoro consultare liste di ascolto fatte dagli altri, e se ne trovano di tutti i tipi. Ci sono i nostalgici, che ascoltano mostri sacri come Beatles, Rolling Stones, Bee Gees, Michael Jackson, Rod Stewart, Queen, Led Zeppelin, Bob Dylan, insomma tutti artisti che hanno inciso in maniera indelebile il loro nome negli annali della musica. Poi ci sono gli alternativi, che ascoltano gruppi folk Austroungarici che sono “famosissimi” all’estero ma che in realtà non si caga nessuno perché fanno musica di merda. I Metallari, che hanno persino come sveglia wait and bleed degli Slipknot. I romantici, che fino a quando ascoltano ballads come Dont cry dei Guns ‘n Roses, o Angel degli Aerosmith va bene, ma poi ci trovi dentro anche Gigi D’Alessio, Emma Marrone e i Modà, e ti viene solo voglia di ficcarti un trapano nei timpani. I sognatori, che hanno playlist che ti fanno viaggiare rilassati con la mente, includono spesso Moby, Radiohead, Kings of Leon, Ben Harper, ideali da ascoltare al tramonto seduti sul cofano della macchina con una bella bottiglia di birra in mano, mentre ci si gode il panorama. I fighetti che ascoltano solo le hit del momento, le quali la maggior parte delle volte sono solo tormentoni che trascorsi 6 mesi o al massimo un anno nessuno ricorderà più. E poi i Rockettari, i poppaioli (lo so questo termine non si può sentire), i Rapper, Gli Hip-Hoppisti (o Hip-Hoppiacei), ultimamente va anche molto di moda l’Old School con Elvis, Jerry Lee Lewis, Eddie Cochran, Johnny Cash, ci sono gli Elettronici, gli Houseisti, i punkabbestia, e poi ci sono quelli “Di tutto di più” gruppo in cui io mi riconosco alla grande con playlist in cui spazio dai Foo Fighters a Francesco Renga, da Rammstein a Nina Simone, ma mai, mai e poi mai in una mia lista ci sarà spazio per Gigi D’Alessio e company!
Chiudo augurandovi buon sharing e che la dea musica sia sempre al vostro fianco con playlist variopinte e variegate, in fondo come diceva un vecchio detto “Il mondo è bello perché vario”. \,,/


"La musica ha un grande potere: ti riporta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza"
Nick Hornby

mercoledì 8 luglio 2015

Concerti 2.0

Che i tempi siano cambiati non c’è dubbio, e questo lo si evince da moltissime cose, dal modo di vestirsi, da come ci si relaziona con le persone, da cosa si mangia, da come ci si diverte, da come si fa l’amore. Ogni giorno nelle nostre vite è in atto un piccolo cambiamento, qualcosa si trasforma, e con il tempo ci si rende conto che alcune cose sono andate irrimediabilmente perse senza nemmeno che ce ne accorgessimo.
Tra questi cambiamenti, c’è stato anche il modo di assistere ai concerti. Prima di tutto c’è da dire che la musica si è notevolmente trasformata, chitarre, bassi, amplificatori, batterie, pianoforti, sax, trombe, sono stati sostituiti da un unico strumento multifunzionale, il computer.
I suoni campionati nella musica moderna hanno preso il sopravvento, e questa cosa è terrificante per gli amanti dei suoni veri. Ora, non voglio fare come facevano i miei nonni quando ricordavano con malinconia le belle canzoni di una volta, ma qui stiamo parlando di musica fatta da persone, che mettevano nei pezzi cuore e anima e musica fatta da una macchina, e credo che la differenza sia sostanziale.
Detto questo, per tornare ai concerti, qualche giorno fa, ho preso i biglietti per un mostro sacro del Rock, Slash, un animale da palcoscenico, un vero musicista, insomma una sicurezza. Arrivato all’ippodromo delle capannelle, dopo aver scolato qualche birra (cosa che fa molto Rock) mi piazzo davanti al palco ad una distanza ragionevole, con una bella visuale. Gruppo di apertura i Rival Sons, band Californiana devo dire niente male, con un bel tiro, e un bel modo di tenere il palco, finito il loro show, tempo di allestire il palco e le luci si spengono………… La cosa che mi è saltata subito all’occhio è stato il mare di schermi di smartphone, ipad e macchinette fotografiche che hanno inondato il parterre, uno spettacolo ai limiti della fantascienza, che mi ha fatto fare un pensiero da vecchio dinosauro, “I tempi sono davvero cambiati”.
Ricordo quando allo spegnersi delle luci cresceva l’adrenalina, le mani si alzavano al cielo, ci si accalcava sotto il palco. Bei tempi. Ora invece si cerca la messa a fuoco e l’inquadratura migliore,nel frattempo si pensa già alla frase da postare insieme alla foto/video da caricare su FB. Non nego che durante il concerto qualche foto/video l’ho fatto anch’io e soprattutto non sto assolutamente criticando chi compie tale gesto, è solamente una nostalgica constatazione di quanto la tecnologia stia rimpiazzando ogni emozione, di come stia prendendo il sopravvento nelle nostre, vite, di come non ci stia facendo godere più il momento.
Purtroppo il futuro è sempre stato sinonimo di progresso, e il progresso porta a questo, prima auspichiamo in un cambiamento, e quando il cambiamento avviene rimpiangiamo il passato, noi essere umani siamo fatti così d'altronde, nostalgici ed incoerenti.
Per inciso, il concerto è stato a dir poco fantastico, Myles Kennedy è fenomenale, la band è adrenalinica e Slash è semplicemente Dio.

martedì 7 luglio 2015

Wild Atlantic Way

La vita di città è senza dubbio di estrema comodità, basta attraversare la strada per comprare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, negozi aperti ad ogni ora del giorno ed ogni sorta di bene di prima necessità a portata di mano. Però vivere nello smog, nel rumore e nel grigiore dei palazzi tutto il tempo, crea in ognuno di noi un desiderio di evasione, la voglia di viaggiare e di scoprire posti rimasti ancora selvaggi, dove la presenza dell’uomo non sovrasti la bellezza della natura. Senza dubbio posti del genere al giorno d’oggi sono molto difficili da trovare e soprattutto richiedono un notevole sforzo economico per raggiungere questi ultimi paradisi terrestri. Eppure ci sono luoghi che riservano molte sorprese inattese, ed alcuni sono proprio dietro la nostra porta di casa, basta spostarsi solo qualche chilometro dal centro cittadino, che si aprono scenari stupendi, scorci di natura incontaminata dove perdersi respirando aria pulita.
In questo articolo voglio parlare di un itinerario mozzafiato (magari un tantino fuori mano) per veri amanti della natura, della bellezza e dei viaggi on the road, la Wild Atlantic Way.
La Wild Atlantic Way è un percorso di ben 2500 Km che si snoda lungo tutta la costa Occidentale dell’Irlanda, partendo dalla contea di Donegal, la più a nord dell’isola, attraversa le varie contee di Sligo, Mayo, Galway, Clare, Limerick, Kerry, fino ad arrivare alla contea più a sud, Cork. Un viaggio che regala emozioni mozzafiato, immerso tra verdi colline, laghi, scogliere a picco sul mare, cittadine incontaminate, spiagge di surfisti, pascoli, strade al limite della percorribilità, greggi di pecore, castelli, torbiere, muretti a secco, cascate, villaggi di pescatori e chi più ne ha più ne metta.
Un’esperienza unica nel suo genere, immersi nella natura selvaggia. Profumi di salsedine, si alternano al fresco profumo dell’erba, inebriando le narici e facendoci provare una sensazione di libertà ed appagamento. Dal faro di Malin Head alle scogliere di Slieve league, dalle colline del Connemara alle Cliff of Moher, dall’isoletta di Achill Island al Ring of Kerry, un esplosione di colori e paesaggi idilliaci. Le soste lungo i villaggi dislocati lungo il percorso, donano una nota di relax, assaporando un buon caffè osservando il mare, o bevendo una buona pinta di Guinness al calore di un focolare che sprigiona profumi di torba.
Un mio personale consiglio è quello di non prenotare gli alloggi, in quanto si è più liberi di girare, senza avere alcuna meta, così da far sosta dove si vuole, senza dover fare tappe obbligate e senza dover guardare l’orologio mentre si sta seduti su una spiaggia ad osservare il tramonto. Lungo il tragitto sono dislocati innumerevoli B&B di ottima qualità, in posti meravigliosi e con proprietari estremamente gentili e disponibili. Al calar del sole basta entrare in un qualsiasi pub di una qualsiasi cittadina, per cenare, e naturalmente bere, ascoltando della buona musica tradizionale Irlandese, immersi nello spirito e nella calorosa accoglienza tipica del popolo Irish.
In conclusione, se volete perdervi in una disarmante bellezza, se volete farvi cullare dal vento, se volete respirare profumi estasianti il tutto condito da un pizzico di sana avventura, non potete farvi sfuggire l’occasione di percorrere questo meraviglioso itinerario.
Vi lascio con un pezzo dei Solomon Gray, due ragazzi che hanno percorso la Wild Atlantic Way a bordo di un furgoncino Volkswagen, catturando e registrando suoni lungo il viaggio, ed hanno composto cinque pezzi aventi per nome i cinque colori caratteristici dei paesaggi incontrati e che rispecchiano appieno lo spirito di questa avventura. La mia proposta è Green.


Go n-éirí an bóthar leat!


lunedì 6 luglio 2015

Da grande voglio fare Elvis

La mia sveglia puntualmente suona alle 7:00 del mattino, e non ci fosse una volta che si sbaglia. Dopo essermi lavato e vestito mi preparo la colazione e mi concedo un piccolo svago, leggo (non la mia pagina Facebook, ma leggo un libro, un libro vero, quelle cose che hanno tante pagine di carta!), finito di mangiare parto per andare al lavoro, prendo il caffè ai distributori automatici ed inizia la giornata lavorativa. Profumo di ferro,  scorregge e rumore assordante tutto il giorno e quando sono fortunato ci scappano anche rotture di cazzo tra colleghi, che bello!!!
Torno a casa, trovo mia moglie, la guardo negli occhi e la bacio (Lei è l’unica cosa vera, stupenda ed eccitante della mia vita) dopodiché doccia, stravaccamento in poltrona, cena, stravaccamento in poltrona, e buonanotte…..Wow che botta di vita!!! Credo che il mio cuore prima o poi non ce la farà più a reggere queste continue iniezioni di adrenalina.
E pensare che da piccolo sognavo di fare Elvis Presley nella vita. D’accordo che le cose poi non vanno mai come te le aspettavi, d’accordo che il ciuffo di Elvis è andato a farsi fottere, ma cazzo dal Re del rock ad uno squallido operaio metalmeccanico ce ne passa di strada!
Sognavo un bel vestitino attillato tutto luccicante, brillantina sulla parrucca, un chitarrone semiacustico, amplificatore Marshall, microfono e una sana botta di vita. Cantare tutto il giorno, ubriacarmi la notte, occhialoni neri sul volto, foto con i passanti, Las Vegas, luci colorate, niente orari, stivali di pelle, sudore, passione, overdose di musica, la mia Priscilla (Itty) al mio fianco, questo dovrebbe essere il mio mondo. 
Ad ogni modo, poteva anche andare peggio, potevo essere un fan di Gigi D’Alessio!!! Oh Santo cielo che orrore, o peggio ancora far parte di una cover band dei Ricchi e Poveri, o peggiore di tutte le ipotesi…. partecipare ad Amici di Maria De Filippi!!! Allora mi tengo stretta la mia vita, almeno ho le mie belle scarpe bicolore, conservo un po’ di buongusto musicale ed ho sempre al mio fianco la mia amata Priscilla (Itty)!!!
We're caught in a trap, i cant walk out, because i love you too much baby!!!
Suspicious Mind 

venerdì 3 luglio 2015

Un pugno nello stomaco

Bobby Sands, un nome sconosciuto a molte, troppe persone, e fino a qualche tempo fa, sconosciuto anche a me. Ma chi è questo personaggio ignoto?
Partiamo da un presupposto: il mio profondo amore per l’Irlanda, una nazione che amo in tutto e per tutto. Leggo libri, consulto siti web e guardo film inerenti questo Stato, ed è proprio così che ho fatto la conoscenza di Bobby. Mi sono imbattuto in un film di un regista balzato agli onori della cronaca per il suo capolavoro “12 anni schiavo” (venuto dopo un altro mostro sacro per me, ovvero “Shame”, ma di questo magari parleremo in un altro post), tale Steve MacQueen, omonimo del famosissimo attore. Anni fa Steve crea una piccola perla, rimasta sconosciuta, “Hunger”, il film racconta in maniera cruda ed estremamente esplicita, i trattamenti disumani riservati ai detenuti dell’IRA (Irish Republican Army, un esercito di volontari in lotta per la liberazione del proprio Paese dal dominio Inglese) nel carcere di Long Kesh. Una volta finito di guardare la pellicola, sono stato assalito da un sentimento di incredulità mista a rabbia e disgusto, non potevo credere che nella nostra era moderna, in Paesi come Inghilterra ed Irlanda, potessero accadere eventi simili, mi rifiutavo di accettare che tutto il mondo è rimasto immobile a guardare, mentre questo orrore si svolgeva indisturbato. E così decisi di documentarmi meglio, naturalmente corro a digitare www.wikipedia.it ed inizio a navigare, con mio profondo stupore mi accorgo che tutto ciò è reale, ma non mi basta. Scopro che è stato pubblicato un libro dal nome “Un giorno della mia vita” un diario tenuto segretamente da Bobby Sands, durante il suo periodo di prigionia, lo compro, ed una volta arrivato inizio la lettura. Le pagine scorrono, gli occhi si fanno lucidi, e nel cuore cresce la rabbia in quanto, la realtà è di gran lunga peggiore di quella descritta nel film. Continue percosse, detenuti costretti a stare nudi in piccole celle anguste senza vetri alle finestre e con il riscaldamento spento in inverno ed acceso alla massima potenza in estate, piccoli buglioli in cui espletare i bisogni corporali, che puntualmente non venivano svuotati, pertanto i detenuti erano costretti a spalmare le proprie feci sui muri, cibo rancido ed in quantità misere, perquisizioni corporali degradanti, una sola visita al mese della durata di mezz’ora e mi fermo qui perché anche ora mentre scrivo il disgusto e la rabbia sono insopportabili.
Alla luce di tutto ciò mi chiedo, dove erano gli organismi atti a sorvegliare i diritti fondamentali dell’uomo, dov’era l’America, dov’erano tutti gli altri Stati dell’Unione Europea, come si è potuti arrivare a tanto? Più ci penso e più non riesco a farmene una ragione.
Quasi dimenticavo, per tornare a Bobby Sands, morì a soli 27 anni nel carcere di Long Kesh a seguito di uno sciopero della fame durato 66 giorni, durante il quale nessuno ha fatto nulla, a lui sono seguiti altri 9 ragazzi morti a seguito dello sciopero iniziato da Bobby. Cosa chiedevano di tanto osceno da non potergli essere concesso? 5 semplicissimi punti:
  1. Diritto di indossare i propri vestiti e non la divisa carceraria
  2. Diritto di non svolgere lavoro carcerario
  3. Diritto di libera associazione durante l’ora d’aria
  4. Diritto di avere reintegrata la remissione di metà della pena (diritto perso durante le proteste)
  5. Diritto di ricevere pacchi, posta e visite settimanali

 Non mi sembrano richieste inesaudibili, ed in tutto ciò il mondo è rimasto fermo a guardare l’orrore che si consumava.
Un pugno nello stomaco e meno doloroso della lettura delle pagine scritte da Bobby.

giovedì 18 giugno 2015

Just Write!

Oggi non ci riesco, non mi viene proprio niente da buttare giù su un foglio, l’unica cosa che mi viene in mente è la poesia di Bukowski “e così vorresti fare lo scrittore” in cui il buon vecchio Hank dice una cosa giustissima, ossia che se ti siedi davanti ad un foglio di carta, o una macchina da scrivere, o un computer e le parole non ti escono di getto come un fiume in piena, lascia stare, non sforzarti, non fare qualcosa di mediocre pur di scrivere frasi che alla fine risultino banali e senza senso. Mai parole sono state più vere, ed oggi per me è esattamente così, non mi viene un cazzo, quindi lascio uscire ciò che la mia mente pensa, senza filtro e senza sforzandomi di trovare parole ad effetto e stilisticamente perfette. Scrivere mi piace, e perlopiù mi svuota la mente dai pensieri, dalle preoccupazioni della vita, le bollette da pagare, i soldi che non bastano mai, il lavoro che ti stressa, la pancia che non accenna a scomparire, mi siedo e inizio a buttare fuori parole, questo mi basta, non mi interessa pubblicare un libro o diventare famoso, lo faccio semplicemente per me stesso. Ho una teoria sullo scrivere, ed è che ad ogni persona arrivata ad un certo punto, gli si accalcano nella testa tanti, troppi pensieri, tanto che non possono essere contenuti in essa ed è a quel punto che si ha bisogno di fare qualcosa, c’è chi si sfoga con lo sport, chi con la musica, chi con la scrittura. Scrivere svuota la mente, incidendo su un foglio ciò che ci gira in testa, una sorta di backup del cervello. Anche perché, diciamocelo onestamente, al giorno d’oggi siamo tutti scrittori, ogni giorno vengo a sapere di qualcuno che conosco che ha scritto un libro, che tiene un blog, che scrive poesie, non so se sia una moda che svanirà con il tempo, ma devo dire che sinceramente mi fa piacere, almeno la smetteranno di etichettarci come un popolo di ignoranti in cui la maggior parte delle persone non ha mai letto un libro nella vita (perché naturalmente parto dal presupposto che per scrivere un libro, si debba sapere di cosa si tratta, quindi averne letti svariati).
Comunque, qualche frasetta l’ho scritta anche oggi, e qualche pensiero l’ho lasciato uscire, senza troppi fronzoli, ho fatto semplicemente andare le dita sulla tastiera, ascoltando il dolce suono della pioggia che scende in questa giornata grigia, sprigionando il suo inebriante profumo di fresco e di terra, che bella sensazione!

"E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo"
Charles Bukowski



mercoledì 17 giugno 2015

Still Alice

Non sto soffrendo, io sto lottando. Sto lottando per rimanere parte della vita, per restare in contatto con quella che ero una volta. Così vivi il momento, è quello che dicono, è tutto quello che posso fare: vivere il momento.
Dottoressa Alice Howland (Julianne Moore)
dal film "Still Alice" di Richard Glatzer

La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto nel 2007 dalla neuro scienziata Lisa Genova. Il film narra della dottoressa Alice Howland, affermata linguista nonchè madre e moglie che, alla soglia dei cinquant’anni scopre di aver ereditato una rara forma del morbo di Alzheimer, una forma della malattia che si sviluppa molto precocemente. La donna cerca con tutte le sue forze di rimanere aggrappata alla vita, cercando disperatamente di non perdere il contatto con la realtà di tutti i giorni, lotta per non apparire agli occhi di chi la ama come un’ombra della donna che è stata in passato.
Un film molto commovente, che mostra come questo terribile, incurabile, male possa prendersi tutto da una persona, a partire dalla cosa più preziosa che ognuno di noi possiede, i ricordi. Una patologia crudele, meschina, che colpisce nell’intimo della mente, strappando poco alla volta pezzi di vita, immagini impresse a fuoco che man mano vanno schiarendosi fino a scomparire del tutto. Un declino lento ed inesorabile, che colpisce non solo chi è affetto da questa malattia, ma distrugge anche le vite delle persone care che lo circondano, rassegnate a vedere il continuo degrado della persona amata, fino a renderla passiva nei confronti della vita, una vita senza passione, senza emozioni e senza ricordi. 



lunedì 2 febbraio 2015

And the Oscar goes to....

Anche quest'anno inizia l'attesa per la notte degli Oscar, ed una volta conosciute le nomination, si inizia la scorpacciata delle pellicole candidate a ricevere la prestigiosa statuetta. Il 2014 è stato un anno ricco di grandi titoli, che puntualmente da noi o stanno uscendo proprio in questi giorni o usciranno (incrociamo le dita) dopo la cerimonia di premiazione. 
Nomi prestigiosi e biopic importanti sono presenti in quest'annata, ma in questo articolo non voglio commentare tali candidature, ma bensì voglio decretare il mio personalissimo vincitore come miglior film,  "And the Oscar goes to.......... FRANK!". 
Frank? Cos'è Frank?! 
Frank è un film diretto da Lenny Abrahamson che annovera tra le sue fila attori del calibro di Michael Fassbender e Maggie Gyllenhaal, ma che purtroppo è una pellicola che nei cinema Italiani non abbiamo avuto la possibilità di poter apprezzare. Qui si torna allo spigoloso argomento del declino della qualità dei film distribuiti nelle sale Italiane, ed ahimè continuiamo a constatare che i cinepanettoni continuano a sbancare e capolavori come Frank, non vengono nemmeno passati (o al massimo rimangono per appena una settimana in pochissime sale). Qui viene naturale chiedersi dove
sia davvero il problema, se nelle case di distribuzione, che snobbano tali pellicole non offrendo al film la giusta pubblicizzazione e facendo passare capolavori come storielle non degne dell'attenzione del grande pubblico, o dello spettatore che ormai va al cinema solo per guardare Massimo Boldi, Christian De Sica e Checco Zalone? Secondo il mio punto di vista, come nella maggior parte delle volte, la verità sta nel mezzo, perchè anche se il pubblico italiano non mostra particolare interesse per le pellicole più impegnative, con temi meno frivoli, è vero anche che se ad un film viene data la giusta visibilità, lo spettatore è incuriosito ed invogliato a non perdersi tale titolo.
Tornando a Frank, io lo reputo un vero e proprio capolavoro, un idea geniale realizzata in maniera impeccabile ed interpretata magistralmente dal cast. Una storia che parla d'amore, incomprensione, paure, sogni, libertà, amicizia, depressione, disagio, insomma, parla della vita. Si passa da momenti esilaranti a momenti di intensa tristezza, Frank, interpretato dal bravissimo Fassbender è un personaggio strano, fuori dal comune, ma allo stesso tempo è un personaggio che, sotto il suo testone, racchiude un pochino di ognuno di noi. Parafrasando le parole che spesso vengono pronunciate da critici con nomi altisonanti, posso tranquillamente affermare che Frank è "Un film che lascia il segno".
Personalmente, questa pellicola snobbata dalle major cinematografiche e passata pressochè inosservata agli occhi del grande pubblico, ha lasciato un'indelebile traccia nel mio cuore e anche se non ha ricevuto nessuna nomination ufficiale, è il mio personale vincitore dell'Oscar come miglior film. 

martedì 27 gennaio 2015

The Normal Heart

The normal heart è un film per la televisione del 2014 del regista Ryan Murphy, con Mark Ruffalo, Matt Bomer, Julia Roberts e Jim Parsons. Il film si svolge nei primi anni '80 e narra del delicato argomento dell'AIDS all'interno della comunità gay. La storia ripercorre la nascita del GRID (Gay-Related Immune Defiency, nome poi mutato in AIDS), raccontando la battaglia intrapresa da uno scrittore (Mark Rufalo) dichiaratamente omosessuale contro i pregiudizi e la mancata presa di posizione dei governi contro un virus che andava strappando giovani vite sotto gli occhi impotenti di amici ed amanti. Un film duro, che è una sorta di urlo straziante contro l'ingiustizia di una comunità decimata per colpa dell'ipocrisia e del bigottismo delle persone. 
Guardando questa pellicola non si può che rimanere indignati di fronte al comportamento della società, una società che si reputa "civile", che di fronte ad un problema tanto grave non fa altro che restare ferma a guardare. In quegli anni la comunità gay stava lottando per rivendicare il proprio diritto alla libertà,  ma la discriminazione e l'omofobia erano ancora sentimenti che regnavano sovrani, amare non era un diritto di tutti, l'amore non era un sentimento che doveva semplicemente venire dal cuore, era un sentimento che a quei tempi doveva anche essere eticamente corretto.
Il cast è composto da attori di altissimo livello, con un Matt Bomer a dir poco strepitoso, che con questa interpretazione si è giustamente guadagnato il Golden Globe come miglior attore non protagonista in un film per la televisione.
Un bellissimo film su una storia incredibilmente scomoda, e mai raccontata in tutta la sua cruda verità, una storia di amore, odio e discriminazione che da modo di riflettere...
Consigliatissimo.

giovedì 22 gennaio 2015

Leggere per vivere

Un recente studio dell’ ISTAT, afferma che nel 2014 la percentuale di lettori in Italia è scesa dal 43% al 41,4%, la popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura con il 48% delle intervistate che  ha letto almeno un libro nell’arco dell’anno a dispetto del 34,5% della popolazione maschile. La fascia di età con la più alta percentuale di lettori è quella che va dagli 11 ai 14 anni. Stando ad una ricerca condotta da NOPWorld, agenzia che si occupa di ricerche di mercato, in Italia si spendono per la lettura circa 5 ore e 36 minuti alla settimana, e questo “strepitoso” risultato ci piazza in 24esima posizione nella classifica mondiale su un totale di 30 nazioni! La cosa che stupisce è che il Regno Unito è in 26esima posizione, mentre gli Stati Uniti, insieme alla Germania ci precedono di un solo posto. Stupefacenti sono i dati relativi alle prime posizioni, che vede sul podio l’India, seguita da Thailandia, Cina, Filippine, Egitto, Repubblica Ceca e Russia.
Alla luce di questi studi di certo non c’è da stare allegri, a mio modesto parere la lettura è una parte fondamentale dell’esistenza dell’uomo, leggendo si cresce culturalmente, si ampliano i propri orizzonti, ma soprattutto si resta a contatto con il mondo che ci circonda. Un buon libro riesce a farci evadere dallo stress e dalle preoccupazioni quotidiane che ci affliggono, ci fa viaggiare senza partire e ci regala emozioni che la routine quotidiana ci ha fatto dimenticare.
La lettura e il cibo dell’anima, ed essa ha bisogno di essere costantemente alimentata.  Regalare un libro è un piccolo gesto, ma può fare tanto, averne uno in casa è sempre meglio di non averne affatto. Per chi non ha mai letto un libro, tutto sta ad iniziare, e sono convinto che chiunque una volta finito una lettura, ne inizierà subito un'altra. Leggere abbatte ogni frontiera ed elimina ogni pregiudizio, aiuta a vivere e apre gli orizzonti della mente.

"Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito ... perchè la lettura è un'immortalità all'indietro"

(Umberto Eco)


"Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri: parlano quando si ha bisogno, tacciono quando si vuole il silenzio. Fanno compagnia senza essere invadenti. Danno moltissimo, senza chiedere nulla."

(Tiziano Terzani)


"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira"

(J.D.Salinger)


mercoledì 21 gennaio 2015

Libertà apparente

In questi giorni parlare di libertà di pensiero, e sopratutto libertà di espressione, è sempre più un utopia. Alla luce dei tragici fatti di Parigi, non si può pronunciare la parola libertà e non provare una sorta di disdegno. Vite strappate in nome di cosa? Paradossalmente, proprio in nome della libertà, la libertà di culto. 
Nel mio primo articolo voglio proprio affrontare questo delicato argomento, siamo davvero in possesso della libertà, in ogni sua forma? O siamo solamente bendati e legati in nome di essa? A mio parere l'uomo, libero non lo è stato mai, sin dagli albori dell'umanità, c'è sempre stato qualcuno che si è innalzato a pastore delle masse, l'essere umano, ha l'innato bisogno di essere condotto, di sentirsi osservato, di avere qualcuno che controlli che si comporti in modo ligio ed onesto. Immaginiamo un mondo senza "leader" senza nessuno a capo che prenda decisioni per molti, sarebbe un mondo senza leggi, dove regnerebbe il caos, perchè tutto ciò di cui è veramente capace l'uomo, senza bisogno di essere istruito, è la distruzione. 
Tanta gente in questi giorni parla, commenta ciò che è successo nella redazione di Charlie Hebdo, e purtroppo, molto, troppo spesso sento pronunciare una frase "Quelli di Charlie alla fine un po' se la sono cercata", io rimango davvero senza parole ascoltando questa affermazione, e la cosa che mi fa inorridire è che sono davvero tanti a pensarla in questo modo! Io credo solo una cosa, che finchè ci sono persone che cercano, anche se in minima parte, di giustificare un gesto simile, la violenza sarà sempre una parte preponderante della nostra società, perchè manifestazioni e post di condanna non rispecchiano veramente ciò che molti, ipocriti, pensano, e il pensiero di questi viene fuori durante la quotidianità.
La violenza va condannata in tutte le sue forme, e sopratutto va condannata SEMPRE, essa non può avere giustificazione alcuna, questo male si ciba di indifferenza, pressappochismo, qualunquismo, doti di cui la società ne è colma. Il coro di condanna a simili efferatezze deve essere unanime, è il momento che noi tutti liberiamo l'umanità intrappolata nei nostri cuori, soffocata da odio, ira, intolleranza e frustrazione, la libertà è un dono che si cela nei piccoli gesti di ogni giorno, dietro parole insignificanti, ma sopratutto nessuno ci regalerà mai la libertà, siamo solo noi che possiamo omaggiarci di questo dono.

JE SUIS CHARLIE